Non è un segreto che anche le nuove generazioni stiano riscoprendo le tradizioni dei piatti brianzoli.
La cultura culinaria della Brianza è ricca di ricette ma derivano tutte dalla povera tradizione contadina. Non bisogna quindi stupirsi se i giovani preferiscono pregiati tagli di carne ad ingredienti di scarto. Spesso però è dalla cucina povera che nascono i sapori migliori.
Tra questi spicca sicuramente la Busecca, la trippa brianzola per cui i nostri genitori ed i nostri nonni andavano matti!
La trippa si ricava dalla pancia, per essere più precisi dai tre prestomaci del bovino. Non il massimo come immagine, ma se questi vengono cucinati nel modo giusto possono dare vita ad uno dei piatti più gustosi ed apprezzati non solo in Lombardia ma in tutta l’Italia.


Nonostante sia un piatto che si può mangiare da Nord a Sud, quella della trippa è una tradizione soprattutto brianzola e milanese. 
Il termine Busecca, tuttavia, non è propriamente autoctono del territorio ma deriva dalla parola tedesca “butze” che significa “viscere”, da qui è nato il dialetto di “busa” e poi “busecch” o, più diffuso, “busecca”. 
Data la natura dei suoi ingredienti, la trippa è da sempre un piatto povero che i contadini erano soliti cucinare nelle grandi occasioni. Soprattutto sotto le feste di Natale, al posto di carni più costose.


La passione brianzola per la trippa, che in passato aveva portato anche il soprannome di “busecconi”, non ha solo ragioni legate al forte sapore del piatto, ma anche nutrizionali.
La trippa infatti è molto ricca di proteine pur essendo, a dispetto delle apparenze, anche molto magra.
A dare al piatto la pesantezza per cui è conosciuto è, piuttosto che il grasso, la ricetta con cui viene cucinato. Tra gli altri ingredienti, infatti, troviamo pancetta, fagioli, sedano e carote, salvia, pomodori, formaggio e aromi vari tra cui chiodi di garofano e ginepro.

Ovviamente ogni ricetta è sempre soggetta a cambiamenti e ammodernamenti, oltre che a numerosi variazioni a seconda della regioni. 
Oltre alla Busecca brianzola, infatti, la trippa è cucinata in tutto lo stivale con risultati spesso esaltanti come la classica trippa alla fiorentina o la zuppa ‘carnacotta di Napoli.
A far entrare la trippa nell’immaginario comune è stato, poi, un romano. Si tratta di Ernesto Nathan, sindaco della capitale nei primi del ‘900, che decise di eliminare dal bilancio comunale l’acquisto della trippa. Questa era destinata ai gatti che avrebbero dovuto tenere a bada i topi che infestavano le vie capitoline. Chissà, forse se allora il sindaco non avesse preso quella decisione Roma oggi sarebbe una città diversa ma non avremmo nemmeno il detto “non c’è trippa per gatti” per indicare la penuria di risorse.

Oggi non sono solo le cucine delle nostre nonne a preparare la trippa ama anche moltissime osterie e ristoranti. Si tratta, infatti, di un vero e proprio simbolo di appartenenza culturale ad un territorio ricco di storia come quello brianzolo. 
Ti aspettiamo nella nostra osteria per conoscere le altre ricette della tradizione.